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Acropoli e antico castrum

L’area dell’antica acropoli, situata sulla sommità del monte (oggi in parte ricalcata da Piazza San Pietro), riuniva in un unico organismo architettonico almeno tre elementi di grande rilievo per la città antica: il tempio, dedicato a Giunone Moneta, con la sua piazza antistante; il grande bacino circolare posto alle sue spalle, quale esempio più noto di opus signinum e, oltre questo, la piccola terrazza terminale, destinata ad ospitare un qualche edificio ormai perduto. La grande struttura, quale oggi percepibile, è il risultato finale di una lunga serie di interventi, dei quali non è spesso possibile distinguere le varie fasi, ma di cui è possibile individuare nel tardo II secolo a.C. una generale riorganizzazione architettonica, conferendo all’acropoli di Segni i caratteri propri delle maggiori architetture del tardo ellenismo, quali noi oggi possiamo pienamente apprezzare.
La costruzione del grande edificio templare dedicato a Giunone Moneta dovette costituire il fulcro della sistemazione dell’intero complesso, innalzato in forme monumentali nella stessa area che aveva ospitato l’originario luogo di culto di età regia e tardo-arcaica. Il tempio sorgeva su un alto podio in opera poligonale, ancora oggi quasi completamente visibile, formato da tre gradoni successivi. Sulla fronte del podio, doveva essere agganciata la scalinata che permetteva di salire dalla piazza al piano dell’edificio. Al di sopra del podio, la struttura si articolava in un ampio pronao colonnato e, nella parte posteriore, in tre celle affiancate, secondo l’antico schema del tempio di tipo etrusco-italico.
All’interno di questo complesso unitario, la grande vasca circolare, larga esattamente quanto il podio del tempio e posta immediatamente alle sue spalle, aveva probabilmente il ruolo di “cerniera architettonica”, atta a raccordare, con la sua forma circolare, i due diversi orientamenti dettati ai due blocchi dall’andamento orografico della cresta del monte.
La struttura venne ricavata scavando nel banco di calcare un grande incavo circolare. Qui, fra il profilo dello scavo e, verso l’interno, una cortina formata da grandi blocchi squadrati di tufo e che poteva certamente sostituire per resistenza alla battitura il cavo in terra di Vitruvio, venne messa in opera una potente gettata, di circa 60 cm di spessore, di cementizio composto da calce mista a sabbia e minuti frammenti calcarei, con caementa di dimensioni contenute ed estremamente omogenee; miscela  corrispondente anche in questo caso in maniera paradigmatica all’ormai più volte citata ricetta vitruviana. Il fondo della cisterna, in leggera pendenza verso il centro, era rivestito di un doppio strato di cocciopesto, che risparmiava uno spesso cordolo di raccordo con le pareti, composto invece da un cementizio dello stesso tipo di quello impiegato nella muratura portante. Il sistema di riempimento della grande vasca era basato sulla raccolta di acqua piovana dalle superfici circostanti, fra le quali si può individuare come perno del sistema il  gigantesco tetto del tempio, che con i quasi 1000 m2 di superficie poteva garantire da solo il regolare riempimento della vasca nelle normali condizioni pluviometriche della città.
Il grande bacino circolare era soltanto il punto di partenza di un più complesso sistema di distribuzione delle acque, basato su almeno una seconda grande cisterna e su una serie di canalizzazioni, rinvenute in più punti del fianco occidentale della città, che sembrano restituire l’immagine di un vero e proprio acquedotto urbano alimentato ad acqua piovana.
Mentre nella città romana l’acropoli era destinata ad ospitare il culto della divinità protettrice della città, nel medioevo acquisisce un ruolo prettamente strategico, in virtù del fatto che era il luogo più incline a essere fortificato e sicuramente quello maggiormente difendibile.
A livello archeologico, purtroppo, le uniche tracce riconducibili a un intervento collocabile cronologicamente ai primi secoli del medioevo sono i segni evidenti di un restauro effettuato nelle pareti di contenimento0della terrazza terminale dell’antica acropoli, funzionale al tempo stesso anche al nuovo sistema di difesa adottato per la città.
A tale intervento si deve riferire, in un periodo ancora imprecisato, anche la costruzione della torre, di cui ci fornisce la testimonianza il Marocco, che indica nella zona retrostante la chiesa di San Pietro, una torre «guasta, opera de’ bassi tempi», volgarmente chiamata la torretta.
Tutti i dati a nostra disposizione, dunque, spingono a pensare che sull’antica acropoli della città fosse venuto strutturandosi un vero e proprio baluardo difensivo, in cui la popolazione poteva trovar rifugio sicuro in caso d’assedio.
Se è possibile che la sistemazione di questo castrum possa risalire già ai primi secoli dell’altomedioevo, in maniera analoga a molte altre città in questo periodo, in un arco di tempo compreso tra il XII e il XIII secolo numerosi interventi sembrano modificare ulteriormente l’aspetto di questa zona, che dovette accentuare il carattere di borgo fortificato. In questo momento, infatti, oltre agli interventi architettonici riscontrabili nella chiesa di San Pietro, i documenti ci attestano la costruzione di un palazzo da parte del pontefice Eugenio III, probabilmente nel posto oggi occupato dal maestoso complesso dell’ex Seminario Vescovile.

 

Area del Foro e piazza della Cattedrale

L’antico Foro di Segni occupava l’area dell’attuale Piazza S. Maria, la quale ha perpetuato nel corso dei secoli il ruolo di fulcro della vita cittadina svolto dall’antico spazio forense. Nella pianificazione urbanistica della città antica, la piazza del Foro venne collocata nel punto di incrocio dei due maggiori assi viari: il primo, con andamento nord-sud, collegava la porta principale della città con l’acropoli; il secondo, est-ovest, raccordava la piazza con un altro ingresso di notevole importanza, la porta cd. dell’Elcino. Sono ancora oggi in più punti visibili i resti di alcuni dei grandi terrazzamenti su cui venne impostata la piazza, che testimoniano, con la loro disposizione planimetrica e la loro complessità strutturale, l’accurata progettazione che sottostava a tali opere. Nel tardo I sec. a.C., in una zona adiacente al foro e gravitante sul principale asse est-ovest della viabilità urbana, venne costruito un grande criptoportico, oggi parzialmente visitabile lungo via Lauri. La piazza principale della città, occupata oggi dalla poderosa mole della Cattedrale di Santa Maria Assunta, ricalcando le funzioni dell’antico foro, in età medievale continuò a costituire il fulcro della vita cittadina, modificando però il suo assetto interno e ospitando i complessi architettonici che erano l’espressione della società dell’epoca. Se pochi materiali di arredo liturgico, appartenenti alla fine dell’VIII – inizi del IX secolo e provenienti dalla cattedrale, sembrano indicare interventi databili già nell’alto medioevo, la maggior parte delle strutture finora indagate è da riferirsi al XII – XIII secolo. Questi edifici sono la testimonianza diretta della trasformazione del nuovo assetto raggiunto dalla piazza, ricco di significati politici ed economici nella netta distinzione fra spazi civili e spazi religiosi, in una fase di grande vitalità sociale ed economica della città.
Il Palazzo della Comunità (oggi sede del Museo Archeologico) rappresenta la massima espressione di quella libertà comunale che ogni città aveva ormai conquistato intorno al duecento, in contrasto con il potere ecclesiastico. Questa contrapposizione è forse percepibile anche da un punto di vista topografico: la strada principale della città, ricalcata oggi dal percorso delle vie San Vitaliano – Rossi,  sembrava, infatti, separare in maniera netta lo spazio della piazza, raggruppando da un lato gli edifici a carattere religioso, espressione del potere del Vescovo  e dall’altra le strutture pubbliche che venivano ad essere il simbolo di quella nuova realtà laica che stava acquistando un’autonomia sempre maggiore. Accanto al Palazzo Comunale sono peraltro state rilevate alcune altre strutture di carattere privato, la maggior parte delle quali riproponeva la consueta associazione fra abitazione e relativi complessi adibiti al commercio. Dall’altro lato della strada, invece, erano raggruppati i principali complessi architettonici che rappresentavano il potere della Chiesa, quali ad esempio la Cattedrale,  l’Episcopio e la torre campanaria.

Area del Tempio d’Ercole

Il complesso architettonico occupava un’ampia terrazza artificiale, in parte sostruita da poderose cisterne in cementizio, ancora oggi perfettamente conservate, posta subito al di fuori di Porta Maggiore a una quota sensibilmente inferiore rispetto a questa. Si collocava in un punto nodale della viabilità suburbana, lì dove confluivano verso l’entrata principale della città i maggiori assi provenienti dal territorio e costituiva una sorta di secondo foro in cui probabilmente si svolgeva il commercio del bestiame e la macellazione delle carni. Il ritrovamento di tre basi con dedica a Ercole e un cospicuo nucleo di terrecotte architettoniche, conservate al Museo Archeologico, fanno supporre proprio in quest’area un tempio dedicato al dio protettore della pastorizia.