Il vasto territorio montuoso, ricoperto da boschi di faggio, leccio, quercia, tra i quali si slargano ampie praterie ha consentito alle popolazioni Lepine di dedicarsi da sempre alla pastorizia. Le capre e le pecore si cibano ancora oggi di foraggi non contaminati e le carni mantengono il profumo e il sapore di un tempo.
Le carni ovi-caprine, rispetto a quelle bovine, contengono più proteine e meno grassi, hanno un sapore delicato e una freschezza e una genuinità assoluta. L’agnello e il capretto forniscono carni delicate che non necessitano quasi di frollatura. I tagli principali che si ricavano sono il cosciotto, la lombata e le costolette, considerati di prima qualità, cioè da destinare a cotture rapide e meno elaborate: classiche sono le costolette di abbacchio a scottadito.
Il piatto forte della cucina tradizionale locale è la pecora o la capra a ‘jo callaro’, secondo gli antichi riti dei pastori. Infatti, cuocere la pecora a jo callaro è un’arte, tramandata da esperti che ne hanno appreso la tecnica da segreti ricettari del mondo pastorale. La cottura avviene dentro un grosso recipiente di rame, dove i pastori preparavano il formaggio (jo callaro, appunto). I tempi di cottura sono lunghi. Mentre la carne si cuoce lentamente, gli astanti in circolo ne prelevano dei pezzi come assaggio.