Segni deve le sue origini a un importante ruolo strategico: la possibilità di controllo di un settore dalle peculiari caratteristiche geografiche e politiche, posto in una zona di contatto fra regioni abitate da genti diverse e percorso da importanti assi di comunicazione. Alcuni ritrovamenti archeologici sembrano suggerire che un primitivo abitato si sia andato sviluppando sulla sommità del monte oggi occupato dalla città di Segni già prima degli stanziamenti coloniali di tarda età regia e di inizi V sec. a.C.: le testimonianze più antiche sembrano datare l’avvio della frequentazione del sito forse già all’età del Bronzo Finale (XI secolo a.C.), ma è solo con il tardo VII secolo a.C. e gli inizi del successivo che la loro consistenza inizia a divenire pienamente apprezzabile. Con la tarda età regia e la prima età repubblicana Segni (ant. Signia) entra nella storia. Gli scrittori antichi ci informano infatti che la città venne fatta oggetto di due fondazioni coloniali, la prima operata dal re Tarquinio il Superbo (530 a.C.) e la seconda nei primi anni della repubblica (495 a.C.). Con queste operazioni coloniali le forze romano-latine vollero stabilire nella delicata regione di frontiera un caposaldo strategico, funzionale tanto in un’ottica di controllo dei popoli gravitanti sull’area quanto in previsione di una futura espansione verso le aree del Lazio meridionale interno. Nel 338 a.C., con l’annessione del Lazio seguente la Guerra Latina, la città entra nell’orbita romana con il titolo di Civitas Foederata, retta da Pretori. Intorno agli inizi di III secolo a.C. la città conia, probabilmente per breve tempo, una propria moneta d’argento, caratterizzata dalla dicitura SEIC . La città, principalmente fra il pieno II secolo a.C. e gli inizi del successivo, sia stata impegnata in un lungo ed intenso sforzo di rinnovamento urbanistico, segno evidente di un importante periodo di vitalità economica e di una piena partecipazione delle élites cittadine ai massimi circuiti politici e alle esperienze culturali e artistiche del Lazio dell’epoca. La principale testimonianza di questo fervore è costituita dai resti di grandi realizzazioni architettoniche, documentati tanto nella città quanto nel suo territorio. Con la riorganizzazione dell’Italia romana seguente la guerra sociale Segni diventa Municipium, retto da un collegio di Quattuorviri. Con lo spostarsi ai confini dell’impero delle grandi vicende storiche Segni dovette vivere una tranquilla vita di centro di campagna. La città, titolare di un territorio ricco e vastissimo che poteva contare tanto sulle aree di altura dei Lepini quanto sulle fertili zone di pianura della Valle Latina prossime al Sacco, dovette fondare la sua economia sull’agricoltura, sull’artigianato e sulla pastorizia. La fitta maglia insediativa che emerge dalle recenti ricognizioni sull’ager signinus ben rende giustizia di quelle molte attività agricole ricordate dalle fonti, con le coltivazioni ‘specializzate’ di una particolare qualità di pere, di ortaggi quali i cavoli o, ancora, di un vino dal sapore assai aspro. Continua almeno per la prima età imperiale l’attività di fabbricazione di prodotti ceramici, attestata in particolar modo da bolli laterizi che ricordano le maggiori famiglie della città, attività probabilmente da queste condotta in relazione ai loro possedimenti terrieri di fondovalle.
Particolare è la presenza di strutture rustiche, segnate dalle basis villae in opera poligonale, anche lungo i ripidi pendii dei Lepini fino a quote superiori ai 1000 m s.l.m., che suggeriscono un fitto uso delle zone montane sia ai fini della pastorizia che per lo sfruttamento delle risorse boschive. Nel VI secolo d.C., infatti, in seguito alle sempre più numerose incursioni dei Longobardi nel meridione, ci fu una generale riorganizzazione amministrativa del territorio, che assunse di nuovo un ruolo simile a quello svolto in antico. Dopo la ripartizione operata dai Bizantini nell’area laziale, la regione Pontina fino a Terracina venne a far parte dell’ Eparchia Ourbikarias, mentre la città di Segni e la Valle Latina furono comprese nell’Eparchia Kampanias (fig. 85). Ancora una volta il confine tra le due Province doveva probabilmente essere segnato dalla catena dei Monti Lepini e Segni ne costituiva senza dubbio una delle principali roccaforti militari e indicata come castrum. In base alla documentazione, possiamo ipotizzare l’esistenza di un apparato insediativo e difensivo imperniato sulle città capoluogo, corrispondenti agli antichi centri romani, e integrato da una catena di punti di segnalazione e intercettazione del nemico, posti lungo il corso del fiume Sacco e degli assi viari principali, capaci di garantire un’immediata comunicazione con il centro urbano. Anche dal punto di vista della viabilità, la città medievale dunque perpetuò il legame con il territorio e con i grandi assi viari extraregionali secondo quanto era andato organizzandosi in età antica. Pur con tutti i limiti documentari fin ad ora evidenziati, questo disegno potrebbe aver garantito la continuità abitativa dei centri urbani romani della zona, dislocati in favorevole posizione topografica e che, in particolar modo lungo il tracciato della via Casilina, si presentavano con una maglia relativamente fitta. Tali centri continuarono quindi a porsi come poli primari di aggregazione con un’importanza testimoniata anche dalla loro elezione a sedi vescovili. La prima attestazione a Segni si ha nell’anno 499, quando un vescovo di nome Santulo venne chiamato a partecipare al sinodo convocato da papa Simmaco. Verso la metà del VII secolo salì sul soglio pontificio Vitaliano (657 – 672), “natione Signiensis provincia Campania”: dal Liber Pontificalis apprendiamo che fu un Papa importante per la riconciliazione che operò per primo tra la chiesa d’Oriente e quella d’Occidente. Nel corso dell’VIII secolo questi territori passarono progressivamente dal potere imperiale alla supremazia pontificia: tra i possedimenti papali è inclusa anche la città di Segni. L’affermarsi del potere papale in questa parte del Lazio meridionale a scapito dell’autorità imperiale e della crescente dominazione longobarda è da ricercare proprio nella forza che avevano assunto le sedi vescovili. Questa posizione di privilegio portò dei vantaggi alla città sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista politico, sociale e culturale. Se carenti sono i documenti che la riguardano in questo periodo, ad attestare l’alto livello della qualità di vita della città ci sono un numero abbastanza consistente di materiali, in prevalenza frammenti architettonici in marmo, che decoravano edifici di culto e databili intorno all’VIII – IX secolo. La particolare bellezza dei fregi decorativi è la conferma della centralità del posto e dei continui rapporti che esso mantenne anche con botteghe specializzate presenti nei maggiori centri vicini, oltre che a Roma. Le fonti documentarie riportano la città nei secoli IX e X nell’ambito delle terre di influenza dei Crescenzi, da cui discese la famiglia dei Conti di Segni. Durante l’episcopato di Bruno (santo patrono di Segni), vissuto a cavallo dell’XI e del XII secolo, si andò intensificando il forte legame con la Santa Sede. Da Pasquale II (1099 – 1118), inoltre, molti papi si recarono in visita nella città lepina. È noto, dal Liber Pontificalis, che nel 1150 il pontefice Eugenio III fece erigere un palazzo a Segni vicino la chiesa di San Pietro, che rimase per più di un secolo residenza dei pontefici per alcuni periodi dell’anno. Anche Alessandro III soggiornò per lunghi periodi a Segni e durante la sua permanenza, il 22 febbraio nel 1173, alla presenza di vescovi e abati della Campagna canonizzò il vescovo di Cantherbury, Thomas Becket. L’episodio è ricordato in una copia della bolla Redolet Anglia fragantia del 1578 e anche in un’epigrafe che si trova nella Cattedrale Santa Maria Assunta di Segni. Dopo solo 60 anni dalla sua morte, il Pontefice Lucio III nel 1183 santificò il vescovo di Segni Bruno. Infine, nel 1198 Lotario dei Conti di Segni salì al soglio pontificio con il nome di Innocenzo III (fig. 86), uno dei pontefici più importanti e più discussi della storia. La presenza di figure assai autorevoli nella città ha contribuito certamente ad elevarne ancor di più il livello sia sociale che economico. Questa rinascita della vita cittadina è tuttora percepibile a livello urbanistico e architettonico. La maggior parte dei complessi d’età medievale, ancora perfettamente conservati e visibili, infatti, si colloca tra il XII e il XIII secolo. Accanto ai maggiori Palazzi, importanti centri di potere ed espressione dell’edilizia e della committenza pubblica, quali il Palazzo della Comunità, il Palazzo Conti e il Vescovado, numerosi sono gli edifici di carattere privato, la maggior parte dei quali sembra appartenere alla tipologia molto diffusa di case con bottega, espressione della nascente classe borghese – mercantile. Oltre alla vivace ripresa dei cantieri edili e alla presenza di maestranze specializzate, è da segnalare anche il lavoro di alcune botteghe dell’epoca di alto livello e di grande fama. Queste importanti officine sono testimoniate dal rinvenimento di numerosi frammenti di decorazione architettonica dei principali edifici di culto e in particolare da due iscrizioni, che attestano la presenza a Segni di artisti di altissimo rilievo, come Pietro Vassalleto e i celebri marmorari romani della famiglia dei “Cosmati”.