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Le chiese di Priverno: tesori medievali nascosti tra storia e fede

Priverno offre un ampio patrimonio ecclesiastico con le sue chiese, con un profondo interesse storico- artistico. Attraverso un’analisi dettagliata e professionale, l’articolo illumina l’importanza di queste, evidenziando come ognuna di esse contribuisca al ricco mosaico culturale della città.

La cattedrale di Santa Maria Assunta 

Consacrata da Papa Lucio III nel 1183, ha subito una serie di trasformazioni che hanno modificato l’originaria struttura romanica. La struttura del portico rappresenta il momento di passaggio tra il romanico ed il gotico. L’elemento romanico del portico si rileva essenzialmente dalle decorazioni e soprattutto nella presenza degli animali stilofori (cavallo, orso, leopardo, leone,…) e dei motivi scolpiti negli archivolti. La chiesa è a tre navate; lungo le due laterali si aprono numerose cappelle in cui si conservano pregevoli opere d’arte. Nella terza cappella di sinistra, detta “Cappellone” sono conservati  un crocifisso ligneo scolpito tra il 1672-1673 forse dall’artista locale Giuseppe Baccari ed il “Cristo deposto”  probabilmente del XV secolo, portato in processione il Venerdi Santo. In una cappella della navata destra si conserva l’urna con il Teschio di S. Tommaso d’Aquino, patrono della città, morto a Fossanova. Di particolare interesse artistico e storico è la tavola della Madonna di Mezzagosto – copatrona della città – di forme bizantine, che la tradizione vuole sia stata ritrovata miracolosamente nel 1143.L’opera, che un’antica tradizione vuole dipinta dall’Evangelista Luca, è detta anche Madonna di Mezzagosto. Sarebbe rimasta miracolosamente illesa durante la distruzione dell’antica Privernum nel IX secolo e rinvenuta, nel 1143, in località Mezzagosto, da un contadino. Il dipinto, per lessico ed austerità formale, appare ispirato a modelli bizantini, molto popolari in quegli anni nel territorio laziale.

Chiesa di S. Benedetto 

Insieme con la chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista, quella di S. Benedetto è considerata la più antica di Priverno. Già sede vescovile, le sue origini si fanno generalmente risalire al IX-X secolo, prima del devastante incendio che  distrusse la città nel 1159. La piccola chiesa, ubicata a ridosso delle mura cittadine, è realizzata in pietra; presenta una facciata con fronte a capanna ed un piccolo portale – sormontato da lunetta – con, in alto, due piccole monofore. L’interno è a tre navate, con la zona del presbiterio leggermente rialzata ed absidata In origine le navate laterali apparivano più basse di quella centrale; erano coperte con un tetto a orditura apparente, quindi sostituita con volte a crociera fra XIII e XIV secolo. Il rialzo del pavimento, risale al XVIII secolo e fu voluto dal Cardinale Conti, abate commendatario di Fossanova; il grande campanile risale alla fine del XVIII secolo. Al suo interno sono conservati affreschi databili tra il XIII ed il XVII secolo. I più antichi sono quelli che decorano la controfacciata, con episodi della vita di Gesù, e quelli presenti su alcuni pilastri, come la Madonna della Misericordia. Al XV secolo sono databili alcuni affreschi tra cui spicca la bella Annunciazione, attribuita alla mano del Coleberti; tra Cinque e Seicento si realizzano i dipinti murali del presbiterio e dell’abside, forse grazie all’intervento di Pomponio Palombo. Va ricordato che nel XIV secolo alcuni dipinti murali duecenteschi furono ricoperti da altri, di qualità inferiore. Una parte di quei dipinti originari è stata recuperata durante i restauri del 1970-74.  L’affresco, fra i più antichi presenti nella chiesa di San Benedetto, si trova sul secondo pilastro a destra, rivolto verso la navata centrale, e fu rinvenuto durante i restauri del 1970-74. Sino ad allora era stato coperto da un altro dipinto murale, con il medesimo soggetto, oggi staccato e visibile sulla parete della navata laterale destra. L’opera, che presenta alcune lacune lungo i bordi e nella parte inferiore, rappresenta la Vergine, con corona e nimbo ben visibili, raffigurata secondo la tradizionale iconografia “della Misericordia” o “dei Raccomandati”, con le braccia allargate mentre tiene aperto un ampio mantello a guisa di tenda. Al di sotto di esso si scorgono, alcuni fedeli appartenenti probabilmente ad una Confraternita francescana: a destra le donne e a sinistra gli uomini. Nel riquadro in alto a destra è l’immagine di Cristo che benedice la Madre; più sotto un angelo porta una bandierina ed in basso si riconosce la piccola figura vessillifera di San Francesco. Il dipinto è collocato sul primo pilastro di sinistra, sul lato rivolto verso la navata centrale. La figura della Vergine, affiancata da un leggio, appare inserita, con un tentativo non riuscito di ricerca prospettica, in una loggia aperta con il pavimento a mattonelle e una galleria sulla parete frontale. Indossa il consueto manto azzurro ed una veste viola – al posto di quella più tradizionale rossa – simbolo della Passione a cui Cristo è destinato, per nascita. Dell’angelo, ormai irrimediabilmente perso, si intravede, sull’estrema sinistra, soltanto il giglio e, in basso, un lembo della sua veste. Più alto si scorge la piccola colomba dello Spirito Santo. La Madonna appare seduta all’interno di una piccola loggia, allusiva alla stanza in cui accade il sacro evento. Questa ambientazione trae origine dai Vangeli apocrifi – che tanto hanno influito sull’iconografia cattolica – i quali insistono sul fatto che, fin dalla prima infanzia, Maria avesse sempre avuto nella casa una stanza tutta per sé. La Vergine, sollevando la mano sinistra, risponde alle parole dell’angelo (“Ti saluto o piena di grazia, il Signore è con te”), mentre con la destra tiene il libro delle preghiere. Accanto a Lei, il tradizionale leggio con il libro aperto, secondo san Bernardo, riporta la famosa profezia di Isaia: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio” (Isaia 7, 14).

Chiesa S. Giovanni Evangelista 

Probabilmente antica quanto S. Benedetto, la chiesa di S. Giovanni Evangelista fu danneggiata durante l’incendio del 1159 e parzialmente ricostruita all’inizio del XIII secolo. E’ suddivisa in tre navate e presenta, all’ingresso, un piccolo portico ad una sola arcata Fra i numerosi affreschi che ornano le sue pareti la maggior parte databili dal XIII al XV sec., è particolarmente interessante il ciclo dedicato a Santa Caterina d’Alessandria, dovuto a un maestro campano d’influenza fiorentina (XIV secolo) in cui “appaiono chiari riferimenti  alla pittura profana legata alla miniatura, già ampiamente permeata dalle inflessioni tardogotiche di Cristoforo Orimina”. Pregevole il resto di una composizione Madonna col Bambino e santo vescovo  del XV sec pure di ascendenza toscana, ed una Madonna del latte di scuola laziale, risalente al XV secolo. Dell’antica decorazione scultorea resta solo la Crocetta, piccola stele eretta davanti la chiesa, con i resti del pulpito romanico.

Chiesa S. Antionio Abate 

La chiesa originaria risale al XIII secolo quando l’edificio era ubicato fuori le mura cittadine e completamente isolato. In seguito l’edificio fu interessato da lavori attestati da una iscrizione a firma di Toballo de Janni incisa sull’architrave decorato del portale dell’ingresso antico datato all’anno 1336. In queste circostanze venne costruito un portico che unì la chiesa all’edificio adiacente, destinato ad ospizio per i pellegrini sotto la guida dei monaci di Sant’Antonio. Intorno al XVI secolo il complesso edilizio venne trasformato in abbazia. Dalla fine dell’Ottocento l’edificio non viene utilizzato a fini di culto fino agli ultimi decenni del secolo scorso, quando la chiesa fu restaurata e riaperta al culto; altri interventi di restauro terminati nel 2015 le hanno restituito l’antica bellezza. Sulla originaria facciata, sopra l’architrave scolpito, c’è una lunetta dipinta con la Madonna ed il Bambino del sec. XIV. Sul fianco destro è presente un secondo ingresso, anch’esso sottolineato dal bel portale sormontato da un archetto a sbalzo; in alto due grandi oculi illuminano lo spazio interno. Le pareti sono in muratura di conci di pietra a vista.  Tutte le pareti laterali sono interessate da dipinti murali databili tra il XIV e il XVI secolo. Tra questi spiccano alcuni ritratti devozionali dedicati a S. Antonio abate. Un bel pulpito in pietra calcarea locale è addossato alla parete destra e raggiungibile tramite una scala realizzata in grossi blocchi dello stesso materiale calcareo. Altri elementi scultorei – come ad esempio il S. Antonio abate di scuola privernate in marmo del sec. XIV di matrice medievale testimoniano la vetustà dell’edificio.

 

Chiesa dei SS. Cristoforo e Vito

L’edificio originario del XIII secolo era dedicato ai SS. Filippo e Giacomo. Nel 1345 la chiesa – dedicata a S. Cristoforo e legata ad una comunità monastica – constava di due navate e della cappella della Madonna del Soccorso. Nel XVI secolo si aggiunge la dedicazione a S. Vito e le due navate vengono separate così come oggi si riscontra. La conformazione precedente è testimoniata da arconi ogivali in pietra ancora visibili nella parete di sinistra. La facciata a capanna è asimmetrica perché corrisponde all’aula (l’originaria navata destra ) e alla cappella della Madonna del Soccorso, sulla cui parete di fondo è identificabile l’immagine di una Madonna che allatta al seno il Bambino conosciuta come Madonna del Soccorso, opera fine-inizio secoli XVI-XVII secolo. L’altare realizzato negli anni ’50 utilizza elementi architettonici medievali di spoglio come colonnine complete di basi e capitelli e un rilievo lapideo raffigurante l’Agnello mistico. Dei dipinti murali dell’edificio originario è rimasto un frammento di affresco con l’effige di S. Nicola vescovo del sec. XIII benedicente alla maniera bizantina.

da testi di Ferruccio Pantalfini e Vincenzo Scozzarella 

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