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I Monti Lepini e l’Eredità dei Cistercensi

L’abbazia di Fossanova rappresenta uno dei primi e più significativi esempi di architettura gotica in Italia, ma la sua importanza va oltre l’aspetto puramente estetico o stilistico. Come sottolineato da Angiola Maria Romanini, e ulteriormente esplorato nei lavori di Elisa Parziale, Fossanova e le abbazie cistercensi hanno giocato un ruolo cruciale nello sviluppo di un nuovo linguaggio architettonico e nella formazione di “cantieri-scuola”. Questi ultimi hanno permesso un fertile scambio tra le maestranze cistercensi e quelle locali, portando all’adozione di tecniche costruttive innovative e di un’estetica che privilegiava la semplicità e la funzionalità, in linea con la filosofia cistercense che mirava a una vita monastica austera e contemplativa. La scelta dei Cistercensi di posizionarsi nei Monti Lepini non fu casuale. La loro spiritualità cercava la solitudine e l’armonia con la creazione, ideali che questi territori potevano offrire abbondantemente. Inoltre, l’ubicazione strategica favoriva il controllo dei territori circostanti e rafforzava i legami con la Chiesa di Roma, come dimostra la protezione pontificia di cui godette l’abbazia sin dalla sua fondazione.

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 L’Influenza sul Territorio

L’influenza dell’abbazia di Fossanova e dell’architettura cistercense si estese ben oltre i confini del monastero, raggiungendo città e villaggi nei dintorni. Questo fenomeno fu reso possibile dalla rete di dipendenze dell’abbazia, che fungevano da centri di diffusione del nuovo linguaggio architettonico. Edifici religiosi, strutture civili e difensive in località come Sezze, Sonnino, Carpineto Romano e Priverno portano l’impronta dei Cistercensi, mostrando come l’influenza dell’ordine monastico abbia permeato profondamente il tessuto sociale e culturale della regione. La nuova prassi costruttiva introdotta dai Cistercensi, basata su una progettazione modulare e su un sistema aperto che permetteva una crescita potenzialmente illimitata degli edifici, rappresentava una vera e propria rivoluzione architettonica. Questa visione anticipò concetti moderni di modularità e flessibilità, dimostrando come l’intuizione cistercense fosse avanti rispetto al suo tempo.

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Eredità e Memoria

Oggi, molte delle strutture legate ai Cistercensi nei Monti Lepini sono scomparse o ridotte a tracce labili, minacciate dall’incuria e dall’ignoranza. Tuttavia, l’eredità cistercense vive ancora nel tessuto architettonico e culturale del territorio, come testimoniato da restauro e studi recenti che hanno riportato alla luce la profondità dell’impatto cistercense sulla regione. L’importanza di Fossanova e dei Cistercensi nei Monti Lepini va quindi oltre la mera dimensione storica o artistica; rappresenta un capitolo fondamentale nella storia dell’interazione tra uomo, fede e ambiente. Un’eredità che continua a insegnarci l’importanza del dialogo tra culture, della sostenibilità e della ricerca di armonia con il mondo che ci circonda.

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La storia del cantiere di Fossanova è molto lunga e le sue vicende non sono pertinenti alla prima fase della storia architettonica dell’Ordine conclusa con la morte di S.Bernardo, fase della quale unica testimonianza completa è solo quella di Fontenay. La vita cistercense a Fossanova inizia verso il quarto decennio del XII secolo e l’abbazia appare subito sotto la protezione pontificia, prima di Innocenzo II e poi di Eugenio III, pontefice che era stato monaco a Clairvaux a fianco di Bernardo e poi abate delle Tre Fontane. Sono anni fondamentali per la diffusione dell’Ordine in Italia e le fondazioni laziali nascono sotto il segno forte del patrocinio dei papi: è infatti sempre Eugenio III a promuovere nel 1152 il passaggio alla regola cistercense di Casamari. Il ruolo di Fossanova è fondamentale nel supportare il controllo pontificio sui territori della Campagna e della Marittima, oggetto delle mire sia dei principi di Capua sia dell’imperatore. In quegli anni Eugenio III riesce a recuperare Sezze, Norma, Fumone, Terracina e Fossanova opera attivamente per il controllo di questi territori anche con la rete delle sue dipendenze. L’influsso sul territorio del linguaggio architettonico elaborato nel cantiere della nuova abbazia, iniziata probabilmente a partire dal settimo decennio del XII secolo, appare già nella chiesa di S.Maria del Fiume a Ceccano, consacrata nel 1196. Il cantiere abbaziale ha una tappa importante nel 1208, quando Innocenzo III consacra l’altare della nuova abba-zia; a questa data dovevano essere eretti gli edifici monastici: Innocenzo III cena infatti nel refettorio abbaziale. Anche le forme di tre dei lati del chiostro sono riferibili alla fine del XII secolo. Le donazioni di Innocenzo III dovettero poi consentire l’avanzamento dei lavori della chiesa nelle navate e verso la facciata, conclusa probabilmente verso il terzo/ quarto decennio del Duecento. Negli ultimi decenni del secolo i lavori ripresero nel chiostro, decorato da un monumentale affresco con l’Albero di Jesse, parzialmente superstite sopra le attuali coperture del braccio N, e con il rifacimento del braccio di chiostro meridionale in forme ormai marcatamente segnate dalla cultura locale dei cosiddetti ‘maestri privernati’, lapicidi attivi soprattutto nell’area campana fino agli inizi del Quattrocento, quando Antonio Baboccio di Priverno opera alla facciata del Duomo di Napoli.

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Un cantiere dunque, quello di Fossanova, dal lungo arco temporale e il cui marchio è evidente nei centri vicini. Per comprendere a pieno il fenomeno si deve tenere conto della presenza capillare sul territorio di strutture dipendenti dall’abbazia, elementi fondamentali per la diffusione del linguaggio cistercense. Il recente libro di Elisa Parziale delinea un quadro puntuale della situazione e a esso rimando per ogni approfondimento. Oggi è difficile ricostruire questo quadro complesso: molto è scomparso e di tante strutture rimangono tracce così labili che solo l’occhio dello studioso è in grado di individuarle. E’ il caso di S. Angelo de Campo Mellis, individuato dalla Parziale nella chiesa principale di Campodimele, del S. Benedetto di Priverno, del monastero di S. Stefano di Vallis Roscinae presso Carpineto Romano, o caso ancora più interessante, del monastero di monache cistercensi di S. Maria delle Canne presso Sonnino. Queste dipendenze dell’abbazia furono centri di diffusione del suo linguaggio architettonico ed è allora facile comprendere la presenza del linguaggio cistercense a Sezze, Sonnino, o Carpineto. Impossibile analizzare i singoli casi; alcuni spiccano nettamente, e sono il Duomo di Sezze, o il S. Michele Arcangelo di Sonnino o le chiese di Carpineto e di Sermoneta o ancora il castello di Maenza, ma di straordinaria importanza sono anche le tracce che oggi ci appaiono minori, superstiti in bifore o arconi, assetti stradali e portali di case e palazzi, documenti fragili che le trasformazioni urbane, l’incuria e soprattutto l’ignoranza hanno spesso cancellato. Primario appare poi sicuramente il caso di Priverno, dove l’intera città reca l’impronta del cantiere fossanoviano: la Cattedrale, il Palazzo Pubblico, splendidamente riapparso dopo il recente restauro, ma anche le case e gli assi stradali mostrano il marchio di architetti e lapicidi cistercensi, tanto da far pensare, seguendo l’ipotesi di Margherita Cancellieri, che, quando si abbandonò il centro in pianura di Mezzagosto, la nuova Priverno sia nata sul colle proprio sotto il segno degli architetti e delle maestranze cistercensi. Non sarebbe certo un caso isolato; nella Francia Meridionale le bastides testimoniano l’opera dei Cistercensi come urbanisti e costruttori di nuovi centri abitati creati sulla base di quella progettazione modulare con cui erano state pianificate abbazie e strutture produttive.

In definitiva, i Monti Lepini e l’abbazia di Fossanova restano un luogo di incontro tra passato e presente, dove la natura e l’architettura si fondono in un’esperienza unica, testimoniando la duratura influenza dei Cistercensi in quest’area dell’Italia centrale. L’approfondimento e la conservazione di questo patrimonio sono essenziali per comprendere non solo la storia locale, ma anche l’evoluzione della spiritualità e dell’architettura in Europa.

Testi di Marina Righetti

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