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Identitá Lepina

Quel senso lepino dell’appartenenza

di Italo Campagna
Direttore Scientifico del Museo “La Reggia dei Volsci” di Carpineto Romano. 

“Gli uomini di Carpineto, di Norma e Bassiano, di Cori, di Ninfa, di Sermoneta, di Acquapuzza, di Tiberia e degli altri paesi convicini erano venuti al detto capitolo generale della venerabile abbazia di Santo Stefano di Valvisciolo per lucrare le indulgenze”

Così un atto di donazione documenta nel 1247 scambi intercomunitari, pellegrinaggi, aperture economiche sui Monti Lepini e tra i popoli lepini. Non quindi un medioevo racchiuso da un’economia curtense dentro le mura sicure di un castrum (un castello), ma una fede pratica nella libera circolazione di uomini e di animali, di idee e di arte lungo nuove forme e nuove linee che si intersecano tra oriente e occidente, tra settentrione e meridione, ad unire santuari, eremi, campi e comunità.

I Lepini non sono un baluardo invalicabile, anche se in un breve spazio si avvicendano regole canoniche e amministrative con ben sei diocesi e innumerevoli signorie. Pur nella forte identificazione campanilistica l’anima lepina appare pronta al dialogo ed alla comunicazione. Gli scambi economici intercomunitari corrono tra le rundine (o fiere) attorno ai protettori del mondo degli animali (Antonio abbate) non si arrestano di fronte alle ricorrenti epidemie (Rocco e Sebastiano), e si confondono con le esigenze dello spirito a lucrare le indulgenze in die nundine come si esprime una lapide del XIII secolo apposta sulla facciata della chiesa di Sant’Agostino in Carpineto.
Per secoli uomini e animali ripercorrono i monti ed il piano in eundo et reundo, (cioè la dialettale razzecata e recalata), come recita un documento del XIII secolo esplicitando una libera circolazione di uomini ed animali dalla fonte di San Tommaso in territorio carpinetano e l’abbazia benedettina di San Pietro in Villamagna, in territorio gorgano, sviluppando una economia agro-pastorale necessitata da una naturale espansione verso i più freschi pascoli montani, o ai margini della palude dei papi, o lungo la Valle Latina o dell’Amaseno, rinverdendo amicizie e comparatici.

Una lenta e secolare integrazione di uomini e beni avvenuta per gradi dove lingua, cultura e tecniche sono condivise ed intercambiabili. Nasce un linguaggio tutto lepino ricco di fonemi e di espressioni gergali uniformi, come hanno recentemente rivelato studi linguistici e soprattutto esperienze associative intercomunali. Quell’anima lepina, tema di rinnovati approfondimenti, anche dietro le più recenti esperienze politico-consortile-amministrative e gli stimoli di associazioni artistiche, che si ritrova nelle carte antiche ma anche nella memoria collettiva delle nostre genti, sempre più appassionate a riscoprire i temi della condivisione e della comune civiltà. Oltre il campanile, oltre gli eventi ma sempre nel solco secolare della tradizione, dei percorsi montani, delle strategie economiche.
Una memoria per queste nostre terre, culla consapevole spesso di eventi storici tra papi itineranti medievali e moderne concezioni del lavoro sociale, dove riappaiono sempre più pressanti quelle volontà di confronto, dialogo e raccordo tra uomini, quel comune senso di fierezza per l’appartenenza ad una comunità allargata oltre il campanile per assurgere ad una visione universale.

I Lepini, questi Monti Lepini percorsi e ripercorsi da greggi e uomini, non monolitici, non invalicabili, ma eletti luoghi dello spirito e della comunicazione, rimpianti anche da quel grande papa e latinista raffinato che fu Leone XIII, nativo di Carpineto:

“Quam felix flore in primo, quam laeta Lepinis
orta jugis, patrio sub lare, vita fruit”

“Quanto fu lieto nel primo fiorire della vita tra le giogaie Lepine!” è il sospiro umano ed il rimpianto di un pontefice e di un lepino, che seppe coniugare una fede profonda nell’uomo mostrando un’attenzione tutta particolare verso il mondo del lavoro ed il sudore umano, conosciuto nelle lunghe giovanili sue peregrinazioni tra Carpineto, Gorga, Maenza, Roccagorga, Sezze, Bassiano e Cori.

Tratto da “Alma Mater Lepina I Monti Lepini tra passato e presente”.

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