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Nella boscaglia
Nelle boscaglie e negli arbusteti caducifogli intervallati da aree aperte, i biancospini, i rovi e i prugnoli, con il loro intreccio di rami spinosi formano compatte e impenetrabili coperture. Negli spazi erbosi, tra i fiori dei biancospini dal dolce e delicato profumo, e quelli del prugnola, che sbocciano prima che compaiono le foglie, si può assistere a inusuali scene di vita naturale: il confidente podalirio (Iphiclides podalirius), spesso ospite anche di orti e giardini, veleggia leggiadro con le sue “code” e i suoi colori in controluce, su un pruno, dove si sviluppano i suoi bruchi.
Un disperato allarme di codibugnoli (Aegithalos caudatus) segnala dallo stesso arbusto l’incidere lento di un saettone occhirossi (Zamenis lineatus) che inesorabile avanza verso il loro nido tra i rami spinosi: per i nidiacei non c’è scampo. Questo serpente endemico dell’Italia centro-meridionale, era stato confuso con il più noto saettone comune o colubro d’Esculapio (Zamenis longissimus), diffuso nel resto dell’Italia e d’Europa, dal quale è stato recentemente differenziato in base ad approfondite ricerche genetiche e morfologiche. In un ristretto settore dell’Italia centrale ancora non ben definito, gli areali di distribuzione delle due specie si sovrappongono ed è possibile l’incontro con entrambe, come avviene nel comprensorio dei Monti Lepini.
Il saettone occhirossi si distingue dal saettone comune per la presenza di quattro strie longitudinali scure poco definite e sfumature sul colore di fondo, non nette e nere come quelle del cervone. Inoltre l’iride, è di un bel rosso-arancio, mentre quella del saettone comune è grigio-giallastra.
Tra gli arbusti però può capitare di vedere anche il fiero e grosso ramarro occidentale (Lacerta bilineata) inseguito da una donnola, altro predatore in grado di intrufolarsi abilmente tra i cespugli, grazie al suo corpo sinuoso e allungato.
Il ramarro, con la sua colorazione verde smeraldo, può mimetizzarsi tra le erbe o le foglie degli arbusti e insidiare perfino le nidiate, i giovani di altri rettili e quelli dei micromammiferi, ma si nutre soprattutto di insetti e altri artropodi. Deve però fuggire, da una lunga schiera di predatori alati e terrestri: corvidi, rapaci diurni, faine, donnole, volpi e serpenti, soprattutto il biacco ma anche la vipera comune (Vipera aspis).
La fantasia popolare interpreta infatti l’osservazione di questo sauro come un segnale: di lì a poco comparirà sicuramente un serpente! Conosciuto localmente come “ràgano” è generalmente ben tollerato, tranne che da pochi “bene informati” che lo perseguitano ritenendolo addirittura più velenoso della vipera, mentre è del tutto inoffensivo; “bene informati” che ignorano come la sua grande popolarità ha fatto sì che venisse ritratto anche in dipinti famosi, cantato da poeti e scrittori. La velocità e il suo dileguarsi fulmineo alla vista dell’uomo sono ricordati perfino da Dante nell’Inferno:
“Come ‘l ramarro sotto la gran fersa dei dì canicular, cangiando sepe folgore par se la via attraversa”.
Un’altra specie popolarmente conosciuta è l’usignolo (Luscinia megarhynchos), soprattutto per il suo canto melodioso e inconfondibile che non trova eguali tra gli uccelli europei. Malgrado la fama, il suo aspetto è pressoché sconosciuto e in pochi possono dire di averlo visto. E’ infatti specie schiva e solitaria che vive costantemente all’interno dei cespugli, nel sottobosco e nei luoghi freschi di macchie e fossi. Soprattutto quando cala la notte continua a far sognare appassionati ornitofili e non, con il suo magico canto, noto per le melodie e per la musicalità, con silenzi, suoni flautati sfumature e varietà dei motivi, udibili anche a notevole distanza. Nell’incanto della primavera, e in estate, il suo concerto notturno si fonde mirabilmente con la grandiosità solenne del cielo stellato.
Nell’alternarsi di spazi aperti e boscaglie caducifoglie, sono numerosi i passeriformi cantori tra cui il canapino (Hippolais polyglotta), dalle grandi doti canore imitative, ricordate anche dal suo nome scientifico. Con buona dose di pazienza si riesce ad osservarlo quando furtivo risale un rametto, curiosando. In maggio, appena giunto dai quartieri invernali, dall’alto di un arbusto o di un alberello fiorito, emette il caratteristico canto nuziale: una lunga “chiacchierata musicale” che ne facilita la localizzazione.
La sterpazzola (Sylvia communis), il cui nome scientifico “communis” oggi è in netto contrasto con lo stato delle popolazioni europee, sui Lepini è presente durante i passi migratori e in estate. Tra aprile e maggio, in poche località collinari e montane si ascolta il maschio cantare nascosto nei cespugli, oppure esibirsi in parate con voli “sfarfallanti”. Le imbeccate e i giovani fuori dal nido si osservano invece in giugno e luglio. Già nel pieno dell’estate, dopo che l’allegria e l’invasione pacifica dei gitanti di ferragosto sfumano al crepuscolo, le sterpazzole, di notte, prendono il volo per raggiungere le lontanissime aree a sud del Sahara.
Resta invece tutto l’anno un’altra silvia più comune, la capinera, come altri passeriformi quali il merlo, il codibugnolo o lo zigolo nero. Quest’ultimo, a differenza del congenere zigolo muciatto, che sui Lepini abita solo le quote medio-alte, è più diffuso negli ambienti assolati delle zone collinari. Timido e furtivo, questo granivoro ha un comportamento molto simile a quello delle silvie, preferendo restare tra gli arbusti. Solo il maschio, a partire dalla metà di marzo, si mostra più di frequente per richiamare l’attenzione delle femmine con un canto squillante e ripetitivo.
Al contrario delle specie precedenti, l’averla piccola (Lanius collurio) è sempre ben riconoscibile su posatoi dominanti grazie alla lucida livrea biancastra delle parti inferiori, quella grigio-azzurra e bruno-castana delle superiori, e la maschera facciale nera.
Da maggio ad agosto, dall’alto dei suoi posatoi, ispeziona la aree circostanti in cerca di prede (invertebrati ma anche nidiacei, lucertole e topolini), che usa infilzare sulle spine di alberi e arbusti o sul filospinato, come riserve di cibo, o per facilitarne lo spezzettamento nel caso di quelle più grandi. Tra gli insetti predati dalle averle è facile riconoscere i geotrupidi, grossi coleotteri stercorari, spesso dai riflessi metallici, che scavano profondi nidi nel terreno dove allevano le larve. Ma sono miriadi le specie di insetti che frequentano, soprattutto in primavera, i cespuglieti caducifogli. Le fioriture dei biancospini, per esempio, oltre a molte specie di farfalle, attirano schiere e famiglie di insetti floricoli, fitofagi e predatori come quelle di: eterotteri, coleotteri, ditteri, imenotteri, ecc., che si affollano frenetici, quasi consapevoli della loro breve esistenza, alla ricerca di nutrimento o di un compagno.
Testi tratti da:
“Lepini, Anima selvaggia del Lazio”
Edizioni Belvedere. ISBN: 88-89504-03-X